venerdì 25 settembre 2015

Povera patria

Dopo aver assistito ieri alla scenetta del ruba bandiera al balcone del palazzo dell'Ayuntamiento di Barcellona, penso che più in basso di così, la campagna elettorale che deciderà le sorti della Catalunya, non può scendere. Le interviste e dichiarazioni più o meno spontanee dei vari protagonisti di questo teatrino mette in luce una profonda ignoranza e superficialità che lascia basiti, considerando che a certi livelli della politica ci si aspetterebbe maggiore serietà e preparazione. L'intervista che Romeva ha concesso alla BBC alcune settimane fa, ha dimostrato non solo le forti lacune in materia legislativa e la mancanza di obiettività, ma soprattutto una ingenuità disarmante, come quando di fronte all'incalzare del giornalista sulla questione della corruzione nella politica catalana, l'intervistato risponde che nel governo spagnolo ce n'è di più. Argomentazione degna di un bambino di 5 anni che accusa l'amichetto di averlo picchiato più forte. E questo è stato solo uno dei numerosi punti su cui Romeva ha dimostrato soltanto confusione a approssimazione.
L'autentica perla ce l'ha regalata Rajoy durante l'intervista alla radio Onda Cero, con la sua patetica dimostrazione di ignoranza quando sul tema della nazionalità, dopo essersi evidentemente arrampicato sugli specchi, è lui stesso a chiedere all'intervistatore se i catalani non perderanno la nazionalità europea in caso di dichiarazione di indipendenza. Da allora impazza in rete il video di Homer Simpson intervistato da Kent Brockman, con l'audio della suddetta intervista. E vi assicuro che è meno surreale dell'originale.

In tutto ciò Artur Mas sembra gongolare, come se la questione in fin dei conti non lo toccasse da vicino, e così ieri mentre sul balcone dell'Ayuntamiento i suoi colleghi strattonavano e si strappavano dalle mani la bandiera catalana e quella spagnola, lui si limitava a sorridere e fingere di non vedere; quando una signora per strada gli ha chiesto se dorme sonni tranquilli sapendo di star portando la Catalunya alla rovina, non si è neanche degnato di rispondere.

Non voglio entrare in merito alle ragioni degli indipendentisti e di chi invece vuole rimanere in Spagna, la cosa che più mi preoccupa, è che, qualunque sia il destino della Catalunya a partire da domenica, siamo nelle mani di gente profondamente ignorante, arrogante e furba. Perché credo che la cosa più onesta da fare sarebbe stata spiegare, su basi concrete e documentate, a che cosa esattamente va incontro la Catalunya in caso di indipendenza. Nessuno ha chiarito definitivamente se la Catalunya uscirà dall'Europa oppure no. Nessuno ha detto esattamente cosa succederà a livello fiscale, economico, sociale, politico, culturale.

Evidentemente non conviene né agli indipendentisti, né a coloro che vi si oppongono. Per cui, in un caso o nell'altro, sarà un salto nel buio, le cui conseguenze verranno subite esclusivamente da noi cittadini, alcuni dei quali, oltretutto, non abbiamo neanche la possibilità di votare. Ma a questo noi italiani siamo abituati.

giovedì 3 settembre 2015

Questione di fiducia

Stamattina mi sono svegliata con due foto di bambini della stessa età.

La prima è di un bambino di 3 anni, figlio di cari amici in vacanza in Grecia. Mi mandano i saluti con l'immagine sorridente del figlio felice e allegro sullo sfondo di antiche rovine.

La seconda è quella che abbiamo visto tutti, un bambino di tre anni accasciato sulla spiaggia, vestito anche lui, con le sue scarpette, probabilmente quelle buone, perché i suoi genitori saranno stati convinti che sarebbero andati incontro a un futuro migliore, lontano dalla guerra, dalla fame, dalla paura.

Invece no, questa speranza è finita in mezzo alle onde del mare, inconsapevole ladro di speranze e di vita. Ha restituito un corpo, ma chissà quante migliaia ce ne sono ancora che non toccheranno mai terra e rimarranno in silenzio, lontano dai nostri occhi e dalla nostra coscienza.

Immagino un altro mondo, oltre il mare, oltre il silenzio, dove queste persone potranno sorridere e avere una vita che noi diamo per scontata perché non abbiamo idea di cosa li porti a rischiare la morte per cercarla.
Devo necessariamente immaginarne un altro, perché questo mondo non sarà mai così. Non ci credo che tutto questo finirà, che un giorno le guerre si spegneranno e che la gente non sarà più costretta a fuggire disperata.

Non ci credo che riusciremo ad accoglierli tutti.

Non ci credo che smetteranno di morire annegati.

Non ci credo che la Germania all'improvviso si è scoperta umana e insegnerà agli altri europei come si fa.

Non ci credo che smetteremo di guardare queste persone con sospetto e di pensare che se uno è cattivo, allora lo sono tutti.

Non ci credo che domani ricorderò l'immagine del bambino morto sulla spiaggia. Perché sarà più facile guardare la foto del figlio dei miei amici, con il suo sorriso sullo sfondo delle rovine greche.