sabato 9 novembre 2013

Andremo tutti all'inferno

Ieri sul quotidiano digitale ElDiario.es, ho letto un articolo scritto dalla giornalista e scrittrice barcellonese Maruja Torres, che mi ha profondamente scosso.

L'autrice immagina, e si augura, che in un futuro nemmeno troppo lontano, qualcuno - i nostri figli o nipoti- ci chiederà se fossimo al corrente di tutti i morti nel mare di Lampedusa, o del trattamento riservato a chi da quel mare fosse riuscito a scampare; o se sapessimo che nelle reti di recinzione di Ceuta e Melilla venissero apposte delle lame per evitare che la gente le scavalcasse. Sì, gente, non bestie feroci.

Cosa risponderemo? Che sì, che sapevamo tutto, e che siamo stati a guardare, e a volte quando le immagini erano troppo forti abbiamo abbassato gli occhi sul piatto, che si sa, queste cose vengono servite sempre a ora di cena, quando la gente tra un'insalata e una fettina di carne ha già dimenticato tutto, e a volte cambiando canale, che i giochi a quiz o una bella serie tv causano meno acidità

Ma anche se abbiamo spento la tv o chiuso  il giornale ormai non possiamo fare finta di niente. Sappiamo. Taciamo. E quindi: acconsentiamo? 

Maruja Torres non usa mezzi termini, e ci paragona agli onorabili tedeschi che quando vedevano l'aria piena di cenere proveniente dai forni crematori fingevano di credere che si trattasse di un nuovo sistema di riscaldamento.
E quando ho letto queste parole, mi sono fermata e ho dovuto trattenere le lacrime. Ma non si trattava di lacrime di rabbia o di tristezza, no, quelle sono facili, già le spreco durante la cena davanti alla tv. Questa volta erano lacrime di vergogna.

Perché è vero, stiamo facendo la stessa identica cosa. Guardiamo. Sappiamo. Taciamo. E quindi: acconsentiamo. E se non ricordo male, Dante gli ignavi li mette nell'antinferno, che non si meritano neppure di bruciare all'inferno...