venerdì 27 novembre 2015

Black Friday

Dopo aver assistito al patetico tentativo di Mas di ottenere l'appoggio della Cup per essere investito nuovamente presidente della Generalitat, in cui poco mancava che offrisse un set di pentole acciaio inox ai primi 10 voti a favore, noto che il livello della campagna elettorale in vista delle elezioni del governo che si terranno a dicembre, sta raggiungendo livelli davvero bassi, ai limiti del ridicolo e del surreale. Mentre Pedro Sanchez, in un programma televisivo si cimenta nella preparazione di un succo di frutta e si diverte giocando a ping-pong, Rajoy si scopre commentatore sportivo alla radio e ancora una volta ostenta la sua scarsa padronanza delle regole logiche e grammaticali con le sue locuzioni degne delle migliori "interviste impossibili" di Mai dire gol, affermando, tra le altre cose: "me votaría a si mismo", che tradotto in italiano sarebbe più o meno "mi voterei se stesso". Cosa ancor più grave, si rifiuta di partecipare ad un dibattito a cui prenderanno parte gli altri tre principali esponenti politici, perché, dice, deve anche trovare il tempo per governare. Però troverà il tempo per partecipare a "¡Qué tiempo tan feliz!" un programma di intrattenimento di Telecinco molto seguito qui in Spagna. Alto livello, vamos.

Da come si sta svolgendo questa campagna elettorale, si ha davvero l'impressione che la Spagna sia un'isola felice: la crisi non ha sortito effetti, non ci sono migliaia di persone senza lavoro e senza casa, e nemmeno ci si preoccupa per ciò che sta accadendo nel mondo. Minaccia terroristica costante? Ma che ci frega, mica siamo francesi. Previsione di aumento della temperatura globale? Fantastico! Andremo in spiaggia anche a dicembre. Salari congelati (ovviamente solo quelli più bassi)? Fa niente, tanto c'è il black friday, e allora tutti a spendere come se non ci fosse un domani (o un ciber monday).

Ma tanto, che mi lamento a fare? Nonostante viva qui da 9 anni, non potrò votare nemmeno a queste elezioni, quindi il mio sfogo è fine a se stesso, anzi, per dirla alla Rajoy, "fine a me stessa".

venerdì 25 settembre 2015

Povera patria

Dopo aver assistito ieri alla scenetta del ruba bandiera al balcone del palazzo dell'Ayuntamiento di Barcellona, penso che più in basso di così, la campagna elettorale che deciderà le sorti della Catalunya, non può scendere. Le interviste e dichiarazioni più o meno spontanee dei vari protagonisti di questo teatrino mette in luce una profonda ignoranza e superficialità che lascia basiti, considerando che a certi livelli della politica ci si aspetterebbe maggiore serietà e preparazione. L'intervista che Romeva ha concesso alla BBC alcune settimane fa, ha dimostrato non solo le forti lacune in materia legislativa e la mancanza di obiettività, ma soprattutto una ingenuità disarmante, come quando di fronte all'incalzare del giornalista sulla questione della corruzione nella politica catalana, l'intervistato risponde che nel governo spagnolo ce n'è di più. Argomentazione degna di un bambino di 5 anni che accusa l'amichetto di averlo picchiato più forte. E questo è stato solo uno dei numerosi punti su cui Romeva ha dimostrato soltanto confusione a approssimazione.
L'autentica perla ce l'ha regalata Rajoy durante l'intervista alla radio Onda Cero, con la sua patetica dimostrazione di ignoranza quando sul tema della nazionalità, dopo essersi evidentemente arrampicato sugli specchi, è lui stesso a chiedere all'intervistatore se i catalani non perderanno la nazionalità europea in caso di dichiarazione di indipendenza. Da allora impazza in rete il video di Homer Simpson intervistato da Kent Brockman, con l'audio della suddetta intervista. E vi assicuro che è meno surreale dell'originale.

In tutto ciò Artur Mas sembra gongolare, come se la questione in fin dei conti non lo toccasse da vicino, e così ieri mentre sul balcone dell'Ayuntamiento i suoi colleghi strattonavano e si strappavano dalle mani la bandiera catalana e quella spagnola, lui si limitava a sorridere e fingere di non vedere; quando una signora per strada gli ha chiesto se dorme sonni tranquilli sapendo di star portando la Catalunya alla rovina, non si è neanche degnato di rispondere.

Non voglio entrare in merito alle ragioni degli indipendentisti e di chi invece vuole rimanere in Spagna, la cosa che più mi preoccupa, è che, qualunque sia il destino della Catalunya a partire da domenica, siamo nelle mani di gente profondamente ignorante, arrogante e furba. Perché credo che la cosa più onesta da fare sarebbe stata spiegare, su basi concrete e documentate, a che cosa esattamente va incontro la Catalunya in caso di indipendenza. Nessuno ha chiarito definitivamente se la Catalunya uscirà dall'Europa oppure no. Nessuno ha detto esattamente cosa succederà a livello fiscale, economico, sociale, politico, culturale.

Evidentemente non conviene né agli indipendentisti, né a coloro che vi si oppongono. Per cui, in un caso o nell'altro, sarà un salto nel buio, le cui conseguenze verranno subite esclusivamente da noi cittadini, alcuni dei quali, oltretutto, non abbiamo neanche la possibilità di votare. Ma a questo noi italiani siamo abituati.

giovedì 3 settembre 2015

Questione di fiducia

Stamattina mi sono svegliata con due foto di bambini della stessa età.

La prima è di un bambino di 3 anni, figlio di cari amici in vacanza in Grecia. Mi mandano i saluti con l'immagine sorridente del figlio felice e allegro sullo sfondo di antiche rovine.

La seconda è quella che abbiamo visto tutti, un bambino di tre anni accasciato sulla spiaggia, vestito anche lui, con le sue scarpette, probabilmente quelle buone, perché i suoi genitori saranno stati convinti che sarebbero andati incontro a un futuro migliore, lontano dalla guerra, dalla fame, dalla paura.

Invece no, questa speranza è finita in mezzo alle onde del mare, inconsapevole ladro di speranze e di vita. Ha restituito un corpo, ma chissà quante migliaia ce ne sono ancora che non toccheranno mai terra e rimarranno in silenzio, lontano dai nostri occhi e dalla nostra coscienza.

Immagino un altro mondo, oltre il mare, oltre il silenzio, dove queste persone potranno sorridere e avere una vita che noi diamo per scontata perché non abbiamo idea di cosa li porti a rischiare la morte per cercarla.
Devo necessariamente immaginarne un altro, perché questo mondo non sarà mai così. Non ci credo che tutto questo finirà, che un giorno le guerre si spegneranno e che la gente non sarà più costretta a fuggire disperata.

Non ci credo che riusciremo ad accoglierli tutti.

Non ci credo che smetteranno di morire annegati.

Non ci credo che la Germania all'improvviso si è scoperta umana e insegnerà agli altri europei come si fa.

Non ci credo che smetteremo di guardare queste persone con sospetto e di pensare che se uno è cattivo, allora lo sono tutti.

Non ci credo che domani ricorderò l'immagine del bambino morto sulla spiaggia. Perché sarà più facile guardare la foto del figlio dei miei amici, con il suo sorriso sullo sfondo delle rovine greche.

mercoledì 25 marzo 2015

Se non lo vedo non esiste

Leggo le notizie del disastro aereo avvenuto ieri, in cui hanno perso la vita 150 persone, e mi soffermo sulla biografia delle vittime. Tutti i morti nell'incidente hanno un nome e un cognome, un'età, una professione, una famiglia che è rimasta nella desolazione più nera o che è stata disintegrata completamente in questa tragedia. 

Bambini, ragazzini, studenti, cantanti, imprenditori...semplicemente uomini, donne, persone. Di loro adesso sappiamo tutto, li piangiamo come se li avessimo conosciuti, come se fossero stati i nostri vicini, i nostri parenti...noi stessi. Perché sappiamo che a chiunque di noi potrebbe capitare, e quindi è facile empatizzare.

Quando una bomba esplode in Siria, o un autobus viene fatto saltare in aria in qualche paese lontano del Medio Oriente, non vengono riferiti i nomi e i cognomi delle vittime, non sappiamo se avessero tre o quattro figli o se avessero appena terminato una tournée teatrale...Non c'è soluzione di continuità tra la loro non esistenza nel nostro mondo prima e dopo la loro morte.

Sono lontani, la loro realtà non ci appartiene, a noi non potrà mai succedere una cosa del genere. Siamo sicuri?

Nel dubbio, meglio chiudere gli occhi e non vederlo.

venerdì 13 marzo 2015

L'attesa è finita! Vi presento "Los Animalanas"




Carissimi amici vicini e lontani,

ne è passato di tempo da quando vi annunciai con gioia e giubilo che avrebbero pubblicato il mio libro...ebbene, l'attesa è stata lunga, ma ne è valsa la pena! Finalmente "Los Animalanas" è nelle librerie di tutta Spagna (io ancora non l'ho visto, ma dicono che c'è, c'è...!).
Vi indico il link in cui potrete vedere la splendida copertina, leggere la meravigliosa sinossi e ammirare la mia stupenda fotografia!!


Nei prossimi giorni cederò alle insidie di facebook, e creerò una pagina dedicata al libro per cercare di dargli visibilità e annunciare gli eventi relazionati. Intanto per i residenti a Barcellona e dintorni, vi invito ufficialmente a partecipare alla mirabolante, meravigliosa e strabiliante PRESENTAZIONE che si terrà sabato prossimo, 21 marzo, alle ore 17:00 presso la libreria Abracadabra:


Nel frattempo, vi chiedo il grande favore di condividere su tutte le vostre reti sociali il seguente link:


di mettere un "mi piace", e di spargere la voce tra tutti i vostri amici, soprattutto quelli con bimbi, a cui il libro e la presentazione piaceranno di sicuro!!

Mi raccomando, vi aspetto il prossimo sabato 21 marzo, accorrete numerosi, e per gli amici residenti in Italia, speriamo che gli Animalanas possano parlare al più presto la nostra lingua!

Grazie a tutti 
Un abbraccio

domenica 8 marzo 2015

Grazie dei fiori

Per favore non fatemi gli auguri per la festa della donna.
Almeno non fino a quando sentiremo questi discorsi dei politici- rigorosamente uomini- pieni di buone intenzioni ma vuoti di ogni volontà.
Fino a quando in  Italia non ci saranno una Presidente della Repubblica e una Prima Ministra donne.
Fino a quando qui in Spagna le donne continueranno a essere massacrate come bestie da macello dai rispettivi mariti e compagni.
Fino a quando in tutto il mondo bambine indifese saranno costrette a sposare uomini con il triplo dei loro anni.
Fino a quando non avremo lo stipendio uguale a quello dei nostri colleghi uomini.
Fino a quando non potremo conciliare la nostra carriera professionale con il desiderio di essere madri.
Beh, la lista è lunga, nel frattempo l'8 marzo è quasi finito, i rami di mimosa sono già nei vasi e tra poche ore cominceranno a marcire, come i buoni propositi.
Per favore, fatemi gli auguri quando non ci sarà più bisogno di una festa della donna per rivendicare rispetto e parità di diritti.

mercoledì 25 febbraio 2015

Gli inganni della memoria

Negli ultimi mesi ho scritto poco, la mia penna è rimasta in sospeso, e le mie dita sulla tastiera hanno composto meccanicamente soltanto descrizioni di "escapadas" più o meno interessanti. Ho avuto l'impressione di girare in tondo, e nonostante il tempo sia trascorso, di non aver fatto nessun passo avanti. In compenso ho letto molto, e tra i libri che mi hanno accompagnato ultimamente, mi ha colpito uno in particolare, probabilmente perché mi è sembrato di avere in comune con il protagonista proprio questa sensazione di stasi, di impossibilità di avanzare nonostante il trascorrere del tempo e a prescindere dai chilometri percorsi fisicamente. Il libro in questione si intitola "I terribili segreti di Maxwell Sim", è stato scritto da Jonathan Coe e pubblicato da Feltrinelli. L'avevo comprato diversi mesi fa, ma al contrario di come faccio di solito, non l'ho letto subito, anzi, l'avevo quasi dimenticato, e l'ho ritrovato solo un paio di settimane fa, a conferma che i libri hanno un potere particolare, quello di aspettare il momento giusto per arrivare nelle nostre mani. Di questo libro mi aveva attratto il titolo e la copertina: sullo sfondo giallo, una valigia aperta, piena di spazzolini da denti, cartoline, un libro di Eliot e la foto di una barca in mezzo al mare. 

Tutti elementi chiave nella storia del protagonista che si troverà ad intraprendere un viaggio che apparentemente dovrebbe aprirgli le porte per un futuro migliore e permettergli di dare definitivamente le spalle ad un presente poco soddisfacente. Ma nonostante l'entusiasmo iniziale, il viaggio avanza a fatica: Max Sim trova ogni scusa per fermarsi e deviare strada, e sebbene un navigatore satellitare gli indichi la strada, continua a perdersi più o meno volontariamente. Ad un certo punto deve ammettere a se stesso che non è in grado di arrivare alla meta, e non per mancanza di forze o di mezzi materiali, ma semplicemente perché questo viaggio verso un altro se stesso non può avvenire se non si sarà prima accettato, con il fardello del suo passato e con la consapevolezza del suo presente. E perché questo avvenga, dovrà scavare molto più a fondo, e rivangare il rapporto tra i suoi genitori ed il suo con il padre. Questo sarà dunque l'autentico viaggio: un tuffo in apnea in ricordi soffocanti e dolorosi, tenuti a bada nel corso degli anni con misere menzogne ed autoinganni.

Accettare ciò che è stato, ciò che sono stati i suoi genitori, il loro passato, questa è l'unica chiave per ritrovarsi davvero. Perché in fondo siamo ciò da cui veniamo, siamo ciò che abbiamo visto e vissuto, amato e odiato. E non ha senso fuggirne.  Se non siamo in grado di fare i conti con il nostro passato, e soprattutto farci pace, il nostro viaggio verso il futuro sarà una farsa, sarà inutile come pretendere di indirizzare una nave in piena tempesta. Alla fine ci ritroveremo alla deriva, e avremo mentito a noi stessi, oltre alle persone che ci stanno accanto.

Siamo ciò da cui veniamo. E se vogliamo andare da tutt'altra parte, faremmo bene a ricordarci il cammino di andata, perché prima o poi ci dovremo tornare.