mercoledì 25 febbraio 2015

Gli inganni della memoria

Negli ultimi mesi ho scritto poco, la mia penna è rimasta in sospeso, e le mie dita sulla tastiera hanno composto meccanicamente soltanto descrizioni di "escapadas" più o meno interessanti. Ho avuto l'impressione di girare in tondo, e nonostante il tempo sia trascorso, di non aver fatto nessun passo avanti. In compenso ho letto molto, e tra i libri che mi hanno accompagnato ultimamente, mi ha colpito uno in particolare, probabilmente perché mi è sembrato di avere in comune con il protagonista proprio questa sensazione di stasi, di impossibilità di avanzare nonostante il trascorrere del tempo e a prescindere dai chilometri percorsi fisicamente. Il libro in questione si intitola "I terribili segreti di Maxwell Sim", è stato scritto da Jonathan Coe e pubblicato da Feltrinelli. L'avevo comprato diversi mesi fa, ma al contrario di come faccio di solito, non l'ho letto subito, anzi, l'avevo quasi dimenticato, e l'ho ritrovato solo un paio di settimane fa, a conferma che i libri hanno un potere particolare, quello di aspettare il momento giusto per arrivare nelle nostre mani. Di questo libro mi aveva attratto il titolo e la copertina: sullo sfondo giallo, una valigia aperta, piena di spazzolini da denti, cartoline, un libro di Eliot e la foto di una barca in mezzo al mare. 

Tutti elementi chiave nella storia del protagonista che si troverà ad intraprendere un viaggio che apparentemente dovrebbe aprirgli le porte per un futuro migliore e permettergli di dare definitivamente le spalle ad un presente poco soddisfacente. Ma nonostante l'entusiasmo iniziale, il viaggio avanza a fatica: Max Sim trova ogni scusa per fermarsi e deviare strada, e sebbene un navigatore satellitare gli indichi la strada, continua a perdersi più o meno volontariamente. Ad un certo punto deve ammettere a se stesso che non è in grado di arrivare alla meta, e non per mancanza di forze o di mezzi materiali, ma semplicemente perché questo viaggio verso un altro se stesso non può avvenire se non si sarà prima accettato, con il fardello del suo passato e con la consapevolezza del suo presente. E perché questo avvenga, dovrà scavare molto più a fondo, e rivangare il rapporto tra i suoi genitori ed il suo con il padre. Questo sarà dunque l'autentico viaggio: un tuffo in apnea in ricordi soffocanti e dolorosi, tenuti a bada nel corso degli anni con misere menzogne ed autoinganni.

Accettare ciò che è stato, ciò che sono stati i suoi genitori, il loro passato, questa è l'unica chiave per ritrovarsi davvero. Perché in fondo siamo ciò da cui veniamo, siamo ciò che abbiamo visto e vissuto, amato e odiato. E non ha senso fuggirne.  Se non siamo in grado di fare i conti con il nostro passato, e soprattutto farci pace, il nostro viaggio verso il futuro sarà una farsa, sarà inutile come pretendere di indirizzare una nave in piena tempesta. Alla fine ci ritroveremo alla deriva, e avremo mentito a noi stessi, oltre alle persone che ci stanno accanto.

Siamo ciò da cui veniamo. E se vogliamo andare da tutt'altra parte, faremmo bene a ricordarci il cammino di andata, perché prima o poi ci dovremo tornare.

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