Il Cliente di questo tipo non ha un orario
preferito per telefonare al call center, può farlo mentre è in auto diretto al
lavoro, oppure mentre sta pranzando e in sottofondo si sente la televisione a
tutto volume o la moglie che lo sgrida perchè si raffredda la pasta a tavola.
Ma l’esordio è sempre lo stesso: “Volevo solo un’informazione” E voi lì in
attesa fremente di sentire la domanda, vi premete le cuffie sulle orecchie,
pronti a premere il pulsante perchè la risposta giusta la sapete, avete solo
bisogno di un secondo per riflettere e…ma no, il cliente non vuole solo sapere
quanto gli è rimasto sulla carta di credito, che quello è facile, lo leggete
sullo schermo, non ci sono conteggi da fare. Il cliente vuole sapere come viene
calcolato il tasso di cambio, in che paesi è previsto e se sull’estratto conto
lo vedrà riportato in euro o nella moneta in cui avrà effettuato la
transazione. Allora avete bisogno di un attimo di tempo in più, a questo non eravate
preparati: “Scusi, ma lei in che Paese pensa di utilizzare la carta di
credito?” Indagate, mentre cercate disperatamente l’informazione sul manuale
che è stato aggiornato l’ultima volta quando c’era ancora la lira e invidiate terribilmente il vostro
interlocutore che immaginate sia un uomo d’affari in procinto di viaggiare in Malesia
o in Giappone o in Thailandia o in qualsiasi altro luogo esotico. E mentre il
collega accanto sta sbraitando con il suo cliente voi vi siete già immersi
nella nuvoletta di una spiaggia
paradisiaca. “No, da nessuna parte, era solo curiosità.” Bastano queste
semplici parole perchè la nuvoletta si dissolva inghiottendo la spiaggia e il
cocktail di frutti esotici e perchè il vostro uomo d’affari torni ad essere un
impiegato tipo fantozzi con canottiera e calzini bianchi. Una volta ricatapultati
nel grigio delle pareti che vi stringono, una rabbia sorda vi assale come la marea
di uno tsunami che sperate si porti via il cliente e la sua curiosità, per la
quale sarete costretti a spulciare il contratto dove non troverete assolutamente
nulla e dovrete smuovere mari e monti e scomodare almeno tre dipartimenti per soddisfare
il desiderio di conoscenza di qualcuno che in quel momento non aveva niente di
meglio da fare. Ma comunque con tutta la calma del mondo rassicurerete il
cliente che questo dubbio amletico che probabilmente non gli permette di fare
sonni tranquilli verrà presto svelato. “Mi richiama lei signorina?” “Certo,
come no, anzi meglio, le manderò una lettera con tutti i dettagli, anzi meglio,
mi dica dove abita che gliela porto di presenza, anzi la invito a pranzo e le
spiego tutti i particolari.” “No, non posso richiamarla” cercate di fargli
capire che la procedura non lo prevede. “Dovrà richiamare lei tra una settimana
dieci giorni.” “Così tanto tempo? Ah, ma allora non mi interessa, era solo
un’informazione.” Quindici minuti di telefonata. Una pratica aperta
inutilmente. Voce sprecata inutilmente. Tempo perso appallottolato e gettato
nel cestino. Ma questo è solo l’inizio.
lunedì 29 aprile 2013
Il cliente ha sempre ragione. O no?
Ormai il mondo dei call center non è più
un segreto: la maggior parte dei ragazzi in cerca di prima occupazione passa
per questo rito quasi obbligato, a prescindere dal titolo di studio, dall’età e
dall’esperienza. La mia è cominciata per caso, direi quasi una prova, come
suppongo nel caso di molti altri. Una prova che è durata quasi tre anni,
durante i quali oltre a mettere a dura prova il mio equilibrio psico-fisico, ho
avuto la possibilità di tracciare un quadro più o meno chiaro e corente del
cliente-tipo che chiama il call center. Chi di noi non ha avuto la necessità di
contattare un famigerato numero verde per chiedere informazioni o per risolvere
un problema? Chi non si è affidato a una di quelle voci senza volto che credi
sia lì solo ed esclusivamente per te, ti fa sentire un privilegiato con tanta
gentilezza e il tono mellifluo con cui ti
promette che farà di tutto per offrirti il migliore servizio in assoluto
perchè tu cliente non sei un cliente qualsiasi: sei il Cliente con la C
maiuscola e in quel momento sei il centro del mondo dell’operatore. Non
sospetti che in realtà anche tu sei solo una voce senza volto, un rumore di sottofondo
nella giornata di una persona che appena avrà chiuso il telefono ti avrà
dimenticato, lasciandoti dentro un misto di amarezza, delusione, un senso di
inconcludenza che non riesci a spiegarti, un amaro in bocca che però ha un
sapore vagamente conosciuto, perchè sì, alla fine è proprio quello: è la stessa
identica sensazione che prova un amante tradito. Eppure ci si affida con estrema
speranza e fiducia, ci lasciamo convincere dalle rassicurazioni di quella voce
sconosciuta come se venissero dalla bocca di un genitore, ci fidiamo ciecamente
come se a parlare fosse un angelo inviato dal signore che mai e poi mai potrebbe
dire qualcosa che non sia soltanto la pura verità. Ma non voglio disquisire qui
sulla qualità del servizio offerto dagli operatori di call center, al
contrario, proverò a tracciare dal punto di vista proprio dell’operatore, un
campionario variegato e ironico delle tipologie di clienti che a questo mezzo
ricorrono per volontà o più spesso per necessità. Non pretendo ovviamente di
tracciare un profilo psicologico, la mia intenzione è strappare un sorriso e se
possibile una riflessione a chi si riconoscerà in qualcuno dei caratteri
descritti.
venerdì 26 aprile 2013
Cosa sto leggendo
IO CONFESSO-JAUME CABRÉ, Editrice Rizzoli
TITOLO ORIGINALE: JO CONFESSO (lingua originale: catalano)
È la storia di un bambino, di un ragazzo, di un uomo, un percorso che dura tutta la vita, alla costante e ansiosa ricerca di qualcosa che non c'è, di qualcosa che manca e non si trova da nessuna parte, nè nella musica, nè nella scrittura, e nemmeno nell'erudita conoscenza di tutto lo scibile umano. Ma è proprio questo sentimento di mancanza che spinge l'essere umano ad andare avanti,cercando di soddisfare questo vuoto infinito. Le persone, così come gli oggetti, ci appartengono per poco, e prima di noi sono appartenuti ad altri, e dopo di noi saranno stretti da altre mani, guardati da altri occhi. La vita è un continuo fluire in cui i destini si incrociano per casualità o per necessità, ma ciò che conta è che da questi incontri nasce la storia. Una storia che attraversa il tempo, da Barcellona ai campi di concentramento nazisti passando per la bottega di un liutaio italiano. È un libro lungo e complesso, così come lo è la vita umana, ma Cabré rende ogni pagina importante come la precedente, ogni personaggio fondamentale e necessario come se tutti fossero i protagonisti di una storia corale. Perchè così è la vita di ognuno di noi, individuale ma al tempo stesso universale.
È la storia di un bambino, di un ragazzo, di un uomo, un percorso che dura tutta la vita, alla costante e ansiosa ricerca di qualcosa che non c'è, di qualcosa che manca e non si trova da nessuna parte, nè nella musica, nè nella scrittura, e nemmeno nell'erudita conoscenza di tutto lo scibile umano. Ma è proprio questo sentimento di mancanza che spinge l'essere umano ad andare avanti,cercando di soddisfare questo vuoto infinito. Le persone, così come gli oggetti, ci appartengono per poco, e prima di noi sono appartenuti ad altri, e dopo di noi saranno stretti da altre mani, guardati da altri occhi. La vita è un continuo fluire in cui i destini si incrociano per casualità o per necessità, ma ciò che conta è che da questi incontri nasce la storia. Una storia che attraversa il tempo, da Barcellona ai campi di concentramento nazisti passando per la bottega di un liutaio italiano. È un libro lungo e complesso, così come lo è la vita umana, ma Cabré rende ogni pagina importante come la precedente, ogni personaggio fondamentale e necessario come se tutti fossero i protagonisti di una storia corale. Perchè così è la vita di ognuno di noi, individuale ma al tempo stesso universale.
giovedì 25 aprile 2013
"Ciusi"
In prima pagina, su "El Pais" di oggi, il titolo a caratteri cubitali: OLTRE SEI MILIONI DI "PARADOS". Parados significa disoccupati, e tra questi ci sono anche io, da più di 1 anno, da quando l'impresa per la quale ho lavorato per sei anni ha deciso che era ora di risparmiare e trasferire tutto in Portogallo. Siamo rimasti in tanti senza lavoro, certo, ad alcuni di noi avevano proposto la possibilità di trasferirci a Lisbona, ma a che condizioni? Inutile dire che nemmeno paragonabili a quelle a cui eravamo abituati a Barcellona. Non avrei mai immaginato che sarebbe passato tutto questo tempo senza trovare lavoro: in un anno sono stata chiamata per tre colloqui, due dei quali si sono rivelati una farsa. Una buona media considerando che non sto affatto facendo la preziosa o la schizzinosa. Del resto, la cara signora Fornero lo diceva che non dobbiamo essere "choosy", sto facendo anche un corso di inglese per poter capire che cosa voleva dire...ma la signora non lo sa che noi della nostra generazione non siamo affatto "ciusi", lo italianizzo un po', abbiate pazienza, sono ancora al livello pre-intermediate..Non sarò certo l'unica ad aver fatto la cameriera prima e dopo la laurea con 110 e lode, ad aver fatto inventari al decathlon e in un magazzino di macchine per caffè e ad aver lavorato per quasi tre anni in un call center...Sembra poi che quest'ultimo sia il lavoro del futuro: ormai si risolve tutto al telefono, o almeno ci si prova, anche se i risultati sono a dir poco deludenti. Ma del call center parlerò più in là, mi fa piacere condividere la mia esperienza e se possibile confrontarla con altre. Per ora mi chiedo a cosa sono serviti tanti anni di studio e di sacrifici? Credo che il problema della nostra generazione non è essere "ciusi": il nostro problema è che ancora ci riserviamo il diritto di sperare in qualcosa di meglio.
Benvenuti a bordo!
Sono passati quasi sette anni da quando ho deciso di venire a Barcellona in cerca di lavoro. La città la conoscevo già, un paio di anni prima avevo vissuto qui per sei mesi grazie alla borsa di studio Erasmus, meraviglioso progetto che permette di studiare all'estero con tutto ciò che comporta a livello umano e culturale un'esperienza del genere. E come la maggior parte della gente, mi sono lasciata innamorare da questa città che è uno spettacolo di allegria e musica e colori, in cui non sei mai solo, neanche quando lo vorresti, ma in cui puoi trovare angoli di silenzio e pace quando meno te l'aspetti, come su una panchina immersa nel verde di Montjuic, o nella piazzetta di San Filippo Neri, nascosta dalla più imponente cattedrale ma non per questo meno impattante.Ogni volta che vedo quelle mura massacrate dai proiettili mi si blocca il respiro, e anche il pensiero: di fronte a queste cose c'è poco da dire, vale di più un rispettoso silenzio che cento parole. Con il tempo ho imparato a vivere questa città a misura "d'uomo", non più di studente e di turista, e mi piacerebbe condividere ciò che so e ciò che scopro giorno dopo giorno. In questo blog parlerò non solo di Barcellona, città che mi ha adottato e che ho adottato, ma anche della Sicilia, anche se ogni volta che penso alla mia meravigliosa terra d'origine, mi assale una malinconia selvaggia piena di rimorsi e di sentimenti contrastanti. Scriverò soprattutto di letteratura, perchè questa è la mia grande passione, e proverò a dare uno sguardo su ciò che succede nel mondo per cercare di capire dove ci sta portando questo periodo complicatissimo in cui un barlume di speranza sembra la cosa più difficile da trovare. Chi vorrà accompagnarmi in questo percorso sarà il benvenuto, e mi auguro che il viaggio sia di vostro gradimento!
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