martedì 11 giugno 2013

Il canto stonato del Merlo

Su Repubblica è apparso il video-commento del giornalista Francesco Merlo relativamente alla foto scattata dall'astronauta Luca Parmitano, in cui la Sicilia si staglia come una conchiglia scura in un mare grigio perla attraversato a tratti dai raggi del sole. L'immagine è talmente poetica e affascinante che Merlo si lascia trasportare dall'ispirazione, e preso dall'impeto esordisce: "Così la vedono i marziani, i santi e i lunatici, ed è molto più bella di come l'abbiamo mai disegnata noi sul mappamondo..." E sicuramente la Sicilia è molto più bella non solo di come appare su un mappamondo, ma senza ombra di dubbio, di come la dipinge lui con le sue parole, soprattutto quando più avanti la definisce: "la Patria della ferocia e della delinquenza". Ciò che più mi ha colpito, al di là della crudezza e della gravità di queste parole, è quell'articolo determinativo, quel "la" davanti a Patria, come a voler sottolineare che la Sicilia è solo quello, per antonomasia è la madre di tutti i delinquenti e la culla di tutte le ferocie del mondo. È vero che la Sicilia non è solo mare, sole e profumo di zagara e limoni, ma non è possibile però che ogni volta che si nomini questa terra, ci si senta in dovere (e questo capita anche a noi stessi siciliani) di sottolinearne gli aspetti più tragici e crudeli, come se facendolo, si volessero mettere le mani avanti e dire: "Ok, lo so, in Sicilia c'è la mafia, in Sicilia abbiamo ammazzato Falcone e Borsellino, in Sicilia se non paghi il pizzo vai a finire in un pilone di cemento: mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa". Come se ognuno di noi dovesse scontare parte di una pena enorme di cui la Storia ci presenta il conto giorno per giorno; come se ricordare a noi stessi gli aspetti negativi della nostra terra ci facesse sentire più innocenti, meno complici. Non voglio fare un elenco di tutte le cose meravigliose e importanti che la Sicilia ha originato, o ripetere i nomi di poeti, scienziati, eroi che in questa terra sono nati, hanno vissuto e l'hanno resa un patrimonio di cultura, di vivacità e intelligenza, una terra fertile di doti eccezionali al di là della violenza e della delinquenza. Vorrei invece far notare come ridurre in una frase talmente negativa, superficiale e gratuita, l'essenza di una terra, sia svilente e decisamente poco professionale per un giornalista, che tra l'altro non si preoccupa nemmeno di verificare il nome corretto dell'autore della fotografia.
Caro Francesco Merlo, la geografia senza storia non è nulla. Una terra senza i propri abitanti è deserto: se tanto godimento trae dall'immagine della Sicilia privata del suo fattore umano, allora non ne parli nemmeno, stia a guardarla in silenzio, che fa più figura. Se permettete, io intanto calo un velo pietoso, e abbasso anche il volume, per godermi le splendide immagini regalateci da Parmitano senza note stonate.

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